La disciplina sulle prestazioni occasionali è stata introdotta dalla Legge n. 30/2003 e prevedeva inizialmente due limiti importanti.
-Durata non superiore a 30 giorni con lo stesso committente in un anno
-Compenso non superiore a 5.000 da ogni committente
Per prestazione occasionale, in base a questa legge, si intendeva qualsiasi attività di lavoro caratterizzata dall’assenza di abitualità, professionalità, continuità e coordinazione.
La normativa è stata abrogata con l’entrata in vigore del D.Lgs. 81/2015, per cui attualmente la norma che disciplina da un punto di vista civilistico le attività svolte in maniera occasionale è quella che si trova all’articolo 2222 del codice civile che regola il contratto di prestazione d’opera.
Di conseguenza, esegue una prestazione occasionale chi si obbliga a compiere, dietro corrispettivo, un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio senza vincolo di subordinazione, ne potere di coordinamento del committente ed in via del tutto occasionale.
Per fare in modo che un’attività di lavoro autonomo possa essere considerata prestazione occasionale è necessario che siano rispettati alcuni limiti.
Mancanza di continuità e abitualità della prestazione di lavoro autonomo
Mancanza di coordinamento della prestazione, cioè l’attività non è svolta all’interno dell’azienda o nell’ambito del ciclo produttivo del committente.
Nel caso in cui il prestatore di lavoro occasionale raggiunga nell’anno la soglia di € 5.000 lorde di prestazioni c’è l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata INPS, con il contestuale obbligo del versamento contributivo, in base a quanto stabilito articolo 44 del D.L. n. 269/2003 Convertito dalla Legge n. 326/2003, a decorrere dal 1 gennaio 2004.