In questa guida spieghiamo in cosa consiste la ritenuta d’acconto per prestazione occasionale e come si calcola.
Le prestazioni occasionali sono rapporti di collaborazione tra un individuo, chiamato collaboratore, e un soggetto chiamato committente. Per fare in modo che un’attività di lavoro autonomo possa essere considerata prestazione occasionale è necessario che siano rispettati alcuni limiti, cioè la mancanza di continuità e abitualità della prestazione di lavoro autonomo e la mancanza di coordinamento della prestazione. La normativa sulla prestazione occasionale, che prevedeva una durata non superiore a 30 giorni con lo stesso committente in un anno ee un compenso non superiore a 5.000 da ogni committente, è stata abrogata con l’entrata in vigore del D.Lgs. 81/2015. Attualmente la norma che disciplina da un punto di vista civilistico le attività svolte in maniera occasionale è quella che si trova all’articolo 2222 del codice civile che regola il contratto di prestazione d’opera.
Indice
Come Funziona la Ritenuta d’Acconto
Il meccanismo della ritenuta d’acconto rientra nel più ampio ambito della sostituzione d’imposta, definito dall’articolo 64 del D.P.R. 600/1973. Secondo questa disposizione, il sostituto d’imposta è colui che, per legge, è tenuto a pagare le imposte al posto di altri, per fatti o situazioni riferibili a questi ultimi, anche a titolo di acconto.
In sostanza, chi riveste il ruolo di sostituto è obbligato a versare le imposte in relazione a situazioni che evidenziano la capacità contributiva di un altro soggetto, denominato sostituito. Per fare in modo che questo meccanismo rispetti il principio costituzionale di capacità contributiva sancito dall’articolo 53 della Costituzione, il sostituto, per le somme da lui versate, è tenuto, salvo diversa disposizione di legge, a rivalersi sul sostituito. Questo assicura che il peso dell’imposta gravi in via definitiva su chi effettivamente realizza il presupposto d’imposta.
Il meccanismo di ritenuta d’acconto comporta una deviazione dell’obbligazione tributaria da un soggetto a un altro. Il sostituto, che eroga un reddito al sostituito, effettua il prelievo tributario sotto forma di ritenuta al momento dell’erogazione del compenso, da cui il termine ritenuta alla fonte.
Questo schema offre diversi vantaggi: non solo consente all’Erario di incassare anticipatamente le risorse tributarie, ma semplifica anche il sistema di controllo fiscale, riducendo il numero di contribuenti da monitorare e diminuendo i rischi di evasione fiscale. Infatti, il prelievo viene effettuato su un soggetto, il sostituto, che generalmente non ha alcun interesse a nascondere la base imponibile.
Il legislatore ha delineato due forme principali di sostituzione d’imposta: la sostituzione a titolo d’imposta e la sostituzione a titolo d’acconto. La sostituzione a titolo d’imposta, o propria, si verifica quando il sostituto soddisfa interamente l’obbligo fiscale relativo a un determinato reddito, estinguendo così l’obbligazione tributaria del sostituito e sollevandolo dall’obbligo di partecipare al pagamento dell’imposta. Al contrario, la sostituzione a titolo d’acconto, o impropria, si realizza quando il sostituto trattiene dai redditi erogati al sostituito solo un acconto sull’imposta complessivamente dovuta, senza esaurire il prelievo fiscale e senza esonerare il sostituito dall’obbligazione tributaria finale.
Andando più nel dettaglio, la ritenuta d’acconto è una somma trattenuta dal soggetto che eroga un compenso, spesso un datore di lavoro, sull’importo totale dovuto al beneficiario, spesso un lavoratore autonomo o subordinato. Questo prelievo, che il sostituto versa direttamente al Fisco, non sostituisce l’imposta ordinaria sui redditi. Di conseguenza, il sostituito resta obbligato a dichiarare il reddito e a calcolare l’imposta complessiva dovuta all’Erario.
I redditi soggetti a ritenuta d’acconto contribuiscono al reddito complessivo del sostituito, in base al quale sarà determinata l’imposta totale dovuta. Dall’imposta calcolata saranno dedotte le somme versate in precedenza dal sostituto a titolo di ritenuta d’acconto. Questo meccanismo può portare a situazioni in cui il contribuente abbia già versato più del dovuto, generando così un credito nei confronti dell’Erario. In questo senso, la ritenuta d’acconto rappresenta un prelievo fiscale anticipato e provvisorio rispetto all’imposta personale finale che il soggetto potrebbe dover pagare.
Quando Applicare la Ritenuta d’Acconto alla Prestazione Occasionale
Il compenso lordo derivante dalla prestazione occasionale è gravato da una ritenuta d’acconto del 20%. Questa vale, come fa intuire la stessa espressione, a titolo di acconto per il versamento dell’Irpef. La ritenuta è liquidata dal committente, il quale versa così al collaboratore il compenso netto, ossia detratta la somma trattenuta con la ritenuta.
Bisogna però fare una distinzione tra tre categorie di committenti verso i quali è possibile emettere una ricevuta per prestazione occasionale.
-Privato.
-Azienda o Libero Professionista con Partita Iva in Italia.
-Privato o Azienda residente o con sede all’estero.
Nel caso di clienti privati italiani, la ricevuta deve essere emessa senza ritenuta d’acconto.
Il motivo è da individuare nel fatto che questi, come privati, non sono sostituti d’imposta.
Il sostituto d’imposta è chi paga le tasse al posto nostro. Nel caso di un’azienda, quando opera come sostituto di imposta, questa ha il compito di versare le tasse per la prestazione che non saranno poi addebitate per la dichiarazione dei redditi.
Un privato non può ovviamente fare questo.
Lo stesso vale nel caso in cui il cliente sia un privato o un’azienda che si trova all’estero.
Questi soggetti non agiscono in Italia e non possono operare come sostituto d’imposta.
Solo nel caso in cui il committente sia un’azienda o un libero professionista con Partita Iva in Italia viene emessa una ricevuta per prestazione occasionale con ritenuta d’acconto.
Il vantaggio del sistema della ritenuta d’acconto per il fisco è rappresentato dalla garanzia di una sicura riscossione delle imposte. In questi casi, infatti, l’evasione fiscale viene evitata anticipando il momento in cui il soggetto passivo subisce il prelievo fiscale.
Come Calcolare la Ritenuta d’Acconto
Dal punto di vista pratico, al momento del pagamento della prestazione, il collaboratore emette una ricevuta al committente che provvede a saldarla. Il committente, oltre a versare l’importo netto al collaboratore, deve versare l’importo della ritenuta d’acconto allo Stato per conto del collaboratore entro il 16 del mese successivo alla data del pagamento.
In pratica, la spesa totale del committente è pari al lordo indicato nella ricevuta mentre l’’incasso del collaboratore è pari al netto
Lo Stato riceve subito il 20% di tasse del collaboratore attraverso il committente.
Al momento della dichiarazione dei redditi, l’anno successivo, a seconda dei redditi totali e di eventuali deduzioni e detrazioni, lo Stato potrà
-Se l’imposta non era dovuta dovuta, restituire al collaboratore parte o l’intera percentuale pagata sotto forma di credito di imposta.
-Se le tasse da pagare sono superiori al 20% già versato, chiedere un conguaglio.
Facciamo un esempio, ipotizziamo che Mario Rossi abbia stipulato con una compagnia telefonica una collaborazione, finalizzata alla rilevazione di dati sul grado di soddisfazione della clientela, relativamente a una data città. In sostanza, Mario Rossi, il collaboratore, dovrà contattare i clienti della compagnia e somministrare loro un questionario prestampato, grazie al quale rileverà le loro preferenze e il loro giudizio sul servizio. Immaginiamo che per tale collaborazione, gli sia stato garantito un compenso lordo di 3.500 euro, comprensivo delle eventuali spese per lo svolgimento della collaborazione medesima e che l’attività debba essere svolta nel periodo 01/07/2019 fino al 28/07/2019.
A questo punto, la compagnia gli verserà il compenso, alla fine del periodo dell’attività svolta, trattenendo dalla somma il 20%. Dunque, il calcolo è semplice, il compenso netto sarà pari a 3.500 x 0,80 = 2.800 euro. Ciò, perché la ritenuta d’acconto è il 20% di 3.500 euro, ossia 700 euro.
Il committente dovrà versare al Fisco i 700 euro entro il 16 di agosto, utilizzando il modello F24.
Il committente è anche tenuto al versamento di una marca da bollo da 2 euro, da apporre sulla ritenuta d’acconto del collaboratore, qualora la somma erogata con essa sia superiore a 77,47 euro.
Si consideri che tale ritenuta sarà rimborsata al collaboratore, nel caso in cui il suo reddito complessivo dichiarato nell’anno d’imposta risulti essere tale per cui l’Irpef versata è stata superiore a quella che avrebbe effettivamente dovuto pagare. Ovviamente, il presupposto per ottenere un rimborso è di presentare la dichiarazione dei redditi, anche quando essa non è obbligatoria, altrimenti si perde il diritto a riscuotere il credito verso lo stato.
Certificazione della Ritenuta d’Acconto
La ritenuta d’acconto corrisposta deve essere certificata dai soggetti che hanno effettuato i versamenti.
La certificazione deve essere consegnata dal committente al collaboratore entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui sono state corrisposte le somme e deve indicare
-L’importo totale delle somme corrisposte
-L’importo delle ritenute e delle detrazioni di imposta effettuate.